I gioielli musicali del barocco

Vittorio Ghielmi, viola da gamba
Lorenzo Ghielmi, cembalo

Musiche di Marin Marais “L’ange”, J.S.Bach, Antoine Forqueray dit “Le Diable”

Teatro San Carlino, Brescia

Intero: 10€
Ridotto: 5€ (riservato agli under30 e agli over65)
Smart: 2€ (Riservato agli studenti dei conservatori, licei musicali e SMIM)

È possibile acquistare i biglietti un’ora prima del concerto direttamente nel luogo dell’esecuzione.

L’accesso agli eventi sarà consentito fino alla massima capienza dei posti disponibili in sala o nel luogo dell’evento.

Marin Marais “L’ange” (Parigi 1656 -Parigi 1728)

Prelude
Allemande La Magnifique
Sarabande la Desolé
Rondeau le Bijou (rondeau il gioiello)
Sarabande à l’Espagnole
Gigue
Musette

Johann Sebastian Bach (Eisenach 1685 – Lipsia 1750)
Suite inglese n. 3 in sol minore, BWV 808

Prélude
Allemande
Courante
Sarabande
Gavotte I
Gavotte II “La Musette” (sol maggiore)
Gigue

Antoine Forqueray dit “Le Diable” (Parigi,1672 – Mantes-la-Jolie 1745)
Suite II, en sol majeur

La Bouron
La Mandoline
La Dubreüil
La Leclair
Chaconne. La Buisson

Nell’Europa rinascimentale e barocca, cioé tra la fine del 1400 e la Rivoluzione Francese, il clavicembalo e la viola da gamba ebbero grosso modo il ruolo che nell’Ottocento ebbe il pianoforte e più recentemente la chitarra elettrica. Nell’800 non vi fu casa borghese in cui mancasse un pianoforte; nelle carovane dei pionieri nel Far West, non era infrequente trovare un pianoforte, all’incirca come oggi si trasporterebbe una televisione. Nei secoli del Rinascimento e del Barocco non vi è quadro o descrizione in cui manchi una viola o un cembalo (o, dobbiamo aggiungere, un liuto). Questi strumenti, incarnano ciò che di più raffinato produsse la cultura Europea in quell’epoca.
Nella seconda metà del ‘700, parallelamente ai moti sociali e di pensiero, questi strumenti, come tante altre icone di un’epoca spirituale al tramonto, vengono sostituiti o si conservano in aree marginali rispetto alle grandi “innovazioni” della cultura europea (anche se non vengono in realtà mai dimenticati, come si crede: Schumann scrive ancora che la viola da gamba è “il più romantico degli strumenti“!). Sostituiti da nuovi strumenti, si lasciano dietro tuttavia un repertorio sterminato di capolavori composti in decine di stili ed idiomi nazionali differenti, dalla Spagna, all’Italia, all’Inghilterra, alla Francia al Nord Europa.
Da questa immensa eredità (si dice che si conservino più brani per viola da gamba che per pianoforte…) abbiamo scelto questa sera una piccola tranche, rappresentativa di uno dei periodi d’oro del cembalo e della viola da gamba: il crinale tra sei e settecento in Francia ed in Germania.
La viola da gamba arrivò in Inghilterra dall’Italia e fu senza dubbio lo strumento principe del ‘600 inglese. Fu adottato come strumento didattico nell’educazione dei ragazzi ed in tutti le scuole si formarono consort (concerti) di viole, sfruttando anche il fatto che nella famiglia di viole le taglie piccole (soprani e tenori) potevano essere suonate da ragazzi piccoli. Il repertorio di consort, da tre a sette viole e più, fu uno dei pilastri della composizione inglese del periodo, con cui si cimentarono tutti i maggiori autori. Sul finire del ‘600, mentre il liuto ed il cembalo avevano già raggiunto in Francia un’altissimo grado di perfezione, l’arte inglese della viola da gamba sbarcò in Francia. I francesi abbandonarono le loro vecchie viole a cinque corde e si impossessarono in maniera onnivora degli strumenti a sei corde e dello stile violistico inglese, come testimoniano autori come André Maugars o lo stesso giovane Marin Marais, che scrisse in gioventù alcuni Divisions in stile inglese. L’influenza della scuola liutistica ed una differente estetica sonora modificò tuttavia rapidamente in Francia la viola da gamba e la sua musica. L’aggiunta della settima corda (il La grave), pare per opera del maestro di Marin Marais ms. de St. Colombe, diede allo strumento una nuova profondità sonora.
Ben presto si formarono stili musicali differenti ed il gusto francese per la miniatura si diffuse, a lato delle forme più antiche della suite (le forme di danza: allemande, courante, sarabande, gigue etc.). E’ assai interessante vedere questa evoluzione nei cinque libri di viola di Marin Marais, comparsi tra 1686 ed il 1725. Il primo libro è composto quasi interamente da brani in stile seicentesco (danze) e qualche division; l’ultimo libro è quasi interamente dedicato alle pièces de caractère, le brevi “descrizioni„ musicali alla moda nel ‘700, un gusto che in Francia perdurerà fino a Debussy ed oltre. Nella primissima parte del programma eseguiamo appunto dei brani “generati„ dalle antiche strutture delle danze come l’Allemande, due Sarabande, la Gigue, intercalate però con pièces de caractère come il Rondeau le Bijou (rondeau “il gioiello„).

Autori come Marais e Forqueray rappresentarono l’élite musicale alla corte dei Luigi XIV e XV e furono i massimi virtuosi del proprio strumento. Di Marais si ricorda il soprannome “l’Ange” e di Forqueray “Le Diable” per i diversi temperamenti che traspaiono nella scrittura violistica. Antoine Forqueray, che ci consegnò un libro postumo di brani per viola, edito dal figlio violista Jean-Baptiste Antoine, fu virtuoso violista e compositore ispiratissimo. Le sue composizione non indulgono mai alla maniera e non usano formule stereotipate, situando questo compositore tra i massimi del ‘700, con l’unico torto di non aver composto Opere o Suite orchestrali, ma solo per il proprio strumento. La Suite in Sol maggiore alterna brani di grande virtuosismo tecnico come La Bouron o La Leclair (un brillante ritratto del più grande violinista francese dell’epoca), ad altri di struggente malinconia come La Dubreüil o alla pièce de caractère dal titolo La mandoline, che imita appunto lo strumento omonimo.
Al centro del programma si situa una delle famose Suite inglesi di J.S.Bach. «Suite inglesi»: un titolo così particolare e apparentemente inspiegabile – non c’è nessuna relazione apparente fra queste suite e la musica inglese – non fu dato a questa raccolta da Johann Sebastian Bach. Il titolo compare comunque in alcuni manoscritti redatti pochi anni dopo la morte del compositore. Ad esempio la copia di Johann Christian Bach, il figlio più giovane di Johann Sebastian, riporta la scritta “Fait pour les Anglois”. Johann Nicolaus Forkel scrive nel suo libro «Vita, arte ed opere di Johann Sebastian Bach» (1802): «Queste grandi suite sono chiamate suite inglesi perché furono composte per un gentiluomo inglese. Sono tutte delle grandi opere d’arte, ma alcuni singoli brani come ad esempio le gighe della quinta e della sesta suite sono da considerarsi capolavori perfetti per originalità di armonia e di melodia». Il misterioso gentiluomo inglese è esistito davvero? Non lo sappiamo e forse non lo sapremo mai. I musicologi ritengono, grazie all’analisi dello stile, che queste suite furono composte negli anni che Bach trascorse a Weimar (1708-1717). Bach le usò come materiale didattico anche molti anni più tardi: sappiamo che il suo allievo Heinrich Nicolaus Gerber le suonò davanti al maestro nel 1725 a Lipsia. Nel manoscritto di Gerber si trovano annotazioni autografe di Bach. Ogni suite presenta la successione di quattro danze: Allemande, Courante, Sarabande, Gigue. Ogni danza è in forma bipartita, con ciascuna delle due parti ripetuta. Nel periodo barocco la danza era molto diffusa in tutte le corti europee; nel caso delle suite per strumento a tastiera di Bach, ci troviamo però probabilmente di fronte non a musica da ballo vera e propria ma a danze stilizzate: la scrittura di Bach è densamente polifonica, con armonie ricche e cromatiche, musica troppo elaborata per essere semplice musica da ballo. Ciascuna danza è però composta su accentuazioni e schemi ritmici derivati dai passi delle rispettive danze di corte. La terza suite inglese si apre con un monumentale Preludio e fra la Sarabande e la Gigue presenta due Gavotte, la seconda delle quali nello stile della Musetta.

Vittorio e Lorenzo Ghielmi

 

Musicista italiano (viola da gamba), direttore e compositore. Paragonato dalla critica a Jasha Heifetz (Diapason) per il virtuosismo e definito “El alquimista del sonido” (Diario de Sevilla) per l’intensità e la versatilità della sua interpretazione musicale, ha aperto la via a una differente immagine sonora del repertorio antico e della viola da gamba, ampliandone la tecnica ed il repertorio.

E’ direttore del Department für Alte Musik e Professore di viola da gamba al Mozarteum di Salisburgo e Visiting Professor al Royal College of Music London (RCM).
Nato a Milano, inizia a quattro anni lo studio del violino con Dora Piatti e successivamente della viola da gamba con R. Gini, W. Kuijken (Bruxelles), C. Coin (Parigi). Da sempre interessato alle antiche tecniche strumentali e alla loro sopravvivenza nelle tradizioni “etniche” riceve nel 1997 l’ Erwin Bodky Award (Cambridge, Ma, USA). Nel 1995 vince il Concorso Internazionale Romano Romanini (Brescia).

Come solista o direttore, nel campo della musica classica ed antica, si esibito nelle piu’ prestigiose sale del mondo accompagnato da importanti orchestre (Los Angeles Philharmonic Orchestra nel Bowl Hall Hollywood, London Philharmonia, Il Giardino Armonico, Freiburger Baroque Orchestra, Berliner Philharmoniker etc.), o in recitals, in duo col fratello Lorenzo Ghielmi o con il liutista Luca Pianca. E’ stato interprete di numerose “prime” mondiali di nuove composizioni (tra cui Uri Caine, Concerto per viola da gamba ed orchestra, Amsterdam Conzertgebouw e Bruxelles Bozar, 2008; Nadir Vassena, Bagatelle trascendentali per viola da gamba, liuto ed orchestra, Berliner Philharmoniker Hall, 2006, Uri Caine, Danube Dreams, per viola da gamba, basset horn ed orchestra con l’orchestra del Musikverein Wien 2012). Dal 2007 al 2010 ha assistito Riccardo Muti presso il festival di Salzburg.

Nel 2007 V. Ghielmi concepisce con la cantante argentina Graciela Gibelli uno spettacolo attorno al ciclo “Membra Jesu Nostri” di Buxtehude, con regia e video del cineasta statunitense Marc Reshovsky (Hollywood) e con il coro Rilke ensemblen (G.Eriksson, Svezia) prodotto dal festival Semana de musica religiosa di Cuenca (Madrid). E’ stato artista in residenza: Madrid 2007, Musikfest Stuttgart 2010, Segovia 2011, Bozar Bruxelles 2011. Nel 2009 ha suonato l’integrale delle opere di Forqueray dal vivo per De Bijloke, Ghent (B). Nell’estate 2018 ha diretto l’opera Pygmalion di Rameau al Drottningholms Slottsteater (Teatro reale di Stoccolma, regia di Saburo Teshigawara).
Ha tenuto masterclass nei più importanti Conservatorî ed Università del mondo (Juillard School NY, Accademia Chigiana di Siena, Conservatoire Royale de Bruxelles etc.).

La ensemble da lui creata, Il Suonar Parlante Orchestra è regolarmente invitata nelle più importanti sale d’Europa. Si dedica all’investigazione del repertorio antico ma anche alla formazioni di nuove realtà musicali: ha collaborato e creato progetti con jazzisti come Kenny Wheeler, Uri Caine, Paolo Fresu, Markus Stockhausen, Ernst Rejiseger, cantautori come Vinicio Capossela, la star flamenco Carmen Linares, musicisti di tradizione extraeuropea come gli afghani Siar Hashemi (tabla), Khaled Arman (Ensemble Kaboul) etc. La sua collaborazione con i varî musicisti tradizionali ed in particolare con le voci sarde del Cuncordu de Orosei, è documentata nel documentario “The Heart of Sound” della BFMI (Salzburg-Hollywood). Nel 2015 il Cd Sony “The Passion Music” con sue composizioni ed arrangiamenti dedicati alla musica antica irlandese ha vinto l’Echo Classic Award.

Numerosissime le incisioni discografiche ed i premi della critica. Gli ultimi Cd Gypsy Baroque e Le Secret de mr. Marais sono recentemente apparsi per Alpha (Outhere, Parigi). Dottore in lettere presso l’Università Cattolica di Milano, si dedica da sempre alla ricerca musicologica. E’ attivo nel campo delle pubblicazioni musicali (ed. as Fuzeau, Minkoff). Il suo metodo di viola (con Paolo Biordi ed. Ut Orpheus) è conosciuto in tutto il mondo.

Lorenzo Ghielmi si dedica da anni allo studio e all’esecuzione della musica rinascimentale e barocca. E’ fra i più affermati interpreti dell’opera organistica e cembalistica di Bach.
Tiene concerti in tutta Europa, in Russia, in Giappone, in Corea e nelle Americhe e ha al suo attivo numerose registrazioni radiofoniche e più di cinquanta incisioni discografiche (Passacaille, Winter & Winter, Harmonia mundi, Teldec).

Ha pubblicato un libro su Nicolaus Bruhns, articoli e studi sull’arte organaria del XVII secolo, sull’interpretazione delle opere di Bach e di altri compositori del periodo barocco.
Insegna organo, clavicembalo e musica d’insieme presso la Civica Scuola di Musica di Milano. Dal 2006 al 2015 è stato titolare della cattedra d’organo presso la Schola Cantorum di Basilea.

E’ organista titolare dell’organo Ahrend della basilica milanese di San Simpliciano, dove ha eseguito l’opera omnia per organo di J.S. Bach.
Fa parte della giuria di numerosi concorsi organistici internazionali e gli sono affidati conferenze e corsi di specializzazione da importanti istituzioni musicali. Ha seguito la progettazione di numerosi nuovi organi, fra cui il grande strumento della cattedrale di Tokyo.
Nel 1985 é stato fra i fondatori del Giardino Armonico.
Nel 2005 ha dato vita all’ ensemble La Divina Armonia, con cui ha tenuto concerti i molti Festival europei e in Giappone.