Giornale di Brescia, 12 ottobre 2010

Era un programma fortemente innovativo (e al tempo stesso impegnativo) quello proposto sabato sera dal violinista Enrico Gatti in concerto con l’Ensemble Aurora per le Settimane barocche. Nella chiesa di San Cristo l’affermato musicista, senza dubbio uno dei migliori interpreti del repertorio violinistico italiano di età barocca, ha impostato l’intera serata sull’organico classico del quartetto d’archi: due violini, viola, violoncello. Nulla di strano se il concerto avesse previsto brani della Wiener Klassik o del periodo posteriore, ma accanto al Mozart del Quartetto KV 387 figuravano compositori del Sei e perfino del Cinquecento, epoche alle quali di solito non si pensa quando si fa riferimento al quartetto d’archi.

In realtà, alla base del percorso ideato da Gatti, si poneva un assunto ineccepibile: prima del quartetto classico di fine Settecento, prima cioè che si cristallizzasse la cosiddetta forma-sonata, molti compositori praticarono in ogni caso la scrittura a quattro parti con destinazione vocale o strumentale, e questi componimenti possono trovare un’eccellente esecuzione d’insieme con gli strumenti della famiglia del violino.

In quest’ottica si conferma, come già si sapeva, che la monumentale «Arte della fuga» di Bach può essere felicemente proposta con un quartetto d’archi. Si scopre inoltre che le «Sonate a quattro» di autori come i secenteschi Dario Castello e Biagio Marini possono essere considerati quartetti ante litteram. Si scopre infine che un madrigale a quattro voci di Palestrina o una chanson francese di Orlando di Lasso, benché privati delle parole, non perdono il loro fascino in questa forma.

Certo, un viaggio musicale di tre secoli, da Palestrina a Mozart, attraverso stili così diversi è impresa che mette a dura prova interpreti e ascoltatori. Oltre tutto, il programma era oggettivamente molto lungo. Ma quante gemme compositive ed esecutive in questo viaggio! È stato come assistere a una pubblica dichiarazione d’amore, da parte di Gatti e dell’Ensemble Aurora, nei confronti dell’arte del contrappunto e del medium sonoro del quartetto d’archi. Un’esperienza singolare e intensa, diversa da ciò che offrono i consueti concerti di musica da camera. In San Cristo il pubblico non era dei più folti, ma c’era un’alta percentuale di giovani, molto attenti, e questa è una notizia confortante.

m. biz.