Cori multipli per Gabrieli, una meraviglia
Pubblicato il giorno 9 Ottobre 2008 nelle categorie: Festival 2008, Rassegna stampa
Giornale di Brescia 8211; 9 ottobre 2008
Diventerà una pietra miliare nella storia delle Settimane Barocche il concerto dell’Accademia di Ambronay diretta da Jean Tubéry
Rappresenta una pietra miliare nell’organizzazione delle «Settimane barocche» il concerto proposto l’altra sera, nella chiesa di S. Maria del Carmine, dai musicisti dell’Accademia barocca europea di Ambronay (Francia) diretti da Jean Tubéry.
Sono state eseguite musiche a cori multipli, vocali e strumentali, del compositore veneziano Giovanni Gabrieli (1557-1612). Il numero di cantanti e strumentisti coinvolti della sontuosa produzione sfiorava la quarantina ed era pertanto paragonabile a quello di una moderna orchestra sinfonica di medio organico. C’erano infatti molti degli strumenti allora in uso nell’Italia settentrionale: viole da braccio e da gamba, cornetti, tromboni, fagotti, arpa, tiorbe, clavicembalo, organo. Non c’è dubbio sul fatto che i mottetti e le canzoni strumentali inclusi nelle due monumentali raccolte di «Sacrae symphoniae» di Gabrieli, pubblicate nel 1597 e nel 1615, rappresentino un vertice (assieme al «Vespro della Beata Vergine» di Monteverdi) della fastosità musicale raggiunta nel primo Seicento.
Parliamo di «Sacrae symphoniae» perché è la denominazione originale delle stampe, mentre il titolo «Trionfi sacri» riportato sul programma di sala è solo un libero adattamento moderno.
La scelta della chiesa del Carmine si è rivelata assai felice non solo per la presenza dello storico organo Meiarini, realizzato pochi anni dopo la scomparsa di Gabrieli, ma anche per le molteplici possibilità di disposizione offerte ai vari nuclei di cantanti e strumentisti. Durante l’esecuzione il direttore Tubéry ha infatti potuto collocare simultaneamente i tre o più «cori» previsti dal compositore in una delle cappelle della parte destra, nella cantoria dell’organo, davanti all’altare e lungo la parte sinistra della chiesa (ricordiamo che per «coro», in questo repertorio, s’intende un determinato insieme musicale, non necessariamente composto di sole voci). L’effetto così ottenuto era spettacolare dal lato visivo e avvolgente da quello acustico: un’autentica meraviglia.
Per fortuna il pubblico non si è lasciato sfuggire questo straordinario evento musicale ed è accorso numeroso. Com’è facile immaginare, si tratta di un repertorio di rara esecuzione anche per l’impegno organizzativo richiesto. Con grande prontezza le «Settimane barocche» hanno deciso di ospitare l’imponente produzione di Ambronay, che in questi giorni sta girando l’Italia: il 6 ottobre è stata applaudita nella basilica dei Frari a Venezia, stasera approda al festival «Grandezze e meraviglie» di Modena.
È bello che la musica di Gabrieli possa essere ben eseguita da transalpini, ma rattrista che una produzione di questo genere risulterebbe oggi ben difficilmente realizzabile con musicisti italiani, non certo per mancanza di talento o di competenze o di entusiasmo, quanto per la difficoltà di trovare mecenati disposti a credere fino in fondo nell’ immenso patrimonio storico-musicale del nostro Paese.